Scontrino fiscale, questo sconosciuto, si potrebbe dire.
È sicuramente capitato a tutti di chiedere un caffè al bar, pagare con le monete che avevamo in tasca, e poi andarsene di fretta. Non manca qualcosa in tutto questo?
Stiamo riferendoci allo scontrino fiscale, cioè la ricevuta del nostro pagamento che il barista o commerciante di turno avrebbe dovuto consegnarci (nb: sono esclusi però dall’obbligo dello scontrino alcune categorie come i tabaccai e i giornalai).
Ma cerchiamo di capire cosa succede se il commerciante non ci rilascia lo scontrino fiscale
Se il commerciante lo scontrino non ti dà, la tassa se ne va.
Quando compriamo qualcosa, anche di piccolo valore, il commerciante è tenuto (cioè deve) rilasciarci lo scontrino, a riprova del fatto che abbiamo effettivamente pagato. Se però non viene emesso lo scontrino, il commerciante non sta dichiarando allo Stato di aver incassato quella somma, e quindi, sempre lo Stato non potrà richiedere il pagamento delle tasse su quella somma non dichiarata.
Se pago un caffè al bar, che ipotizziamo costi 1 euro e 10 centesimi, e il barista non fa lo scontrino, alla fine dell’anno il barista dichiarerà di non aver incassato quella somma, che invece gli è stata pagata eccome, e dunque su quella somma non pagherà le tasse.
Ma non è finita qui. Andiamo avanti con il ragionamento perché il discorso adesso si fa interessante.
Iva di qua, iva di là…
Mai sentito parlare di iva? è l’Imposta sul Valore Aggiunto, appunto una imposta che il commerciante incassa dal cliente e che deve riversare periodicamente allo Stato.
Nel prezzo del caffè che abbiamo preso al bar è già inclusa anche l’iva, che vale il 10%, ossia 1 euro è il costo del caffè e 10 centesimi sono il costo dell’iva.
Quindi, se il barista non fa lo scontrino per il caffè si terrà in tasca tale importo, anziché riversarlo allo Stato.
Un esempio con i numeri ci chiarirà meglio questo concetto (anche se siamo sicuri che i nostri lettori abbiano già capito il concetto):
abbiamo pagato il nostro caffè sempre 1 euro e 10 centesimi e il barista non ci ha rilasciato lo scontrino.
Di questo euro e 10 centesimi il barista tratterà l’intero importo, ossia non verserà nemmeno un centesimo allo Stato, non avendo emesso lo scontrino e dunque mai dichiarato questo incasso.
Così facendo però il nostro commerciante non riverserà allo Stato i 10 centesimi per l’iva che invece noi abbiamo regolarmente pagato.
Inoltre, sul residuo euro, ipotizziamo una aliquota media del 30%, l’imposta evasa e non pagata ammonterà a 30 centesimi.
Potremmo divertirci a questo punto a fare un po’ di calcoli:
1 caffè, 0,10 centesimi iva non pagata, 0,30 imposte non pagate
100 caffè, 10 euro iva non pagata, 30 euro imposte non pagate
1.000 caffè, 100 euro iva non pagata, 300 euro imposte non pagate
10.000 caffè, 1.000 euro iva non pagata, 3000 euro imposte non pagate…
e ci fermiamo qui.
Chiariamo bene, si tratta di calcoli approssimativi, ma che servono per far capire il concetto (ndr: per capirci poi, 10.000 caffè, ipotizzando 320 giorni di apertura di un bar all’anno, sono poco più che 30 caffè al giorno!)
Infine , dobbiamo anche dire che negli ultimi tempi ormai sempre più esercizi commerciali accettano pagamenti di piccoli importi anche con carte di credito o carte di debito (quelle che vengono chiamate, impropriamente, anche bancomat, per capirci). Pagando con queste carte, che sono tracciate e tracciabili, il commerciante dovrà necessariamente emettere e rilasciarvi lo scontrino fiscale!
Suggerimento Pop: se avete la possibilità pagate sempre utilizzando strumenti di pagamento elettronici (ed insistete se il commerciante non vuole accettare questo pagamento) e chiedete sempre lo scontrino.