Andiamo indietro di qualche decennio, nel mese di maggio del 1975 per l’esattezza, quasi un’era geologica fa.
Nella classifica dei singoli più venduti in Italia nessun brano Trap, al primo posto c’era Domenico Modugno con la canzone “Piange il telefono“, seguito da Mal con “Parlami d’amore Mariù” ed erano di gran moda i pantaloni a zampa d’elefante, aderenti sui fianchi e sulle cosce e che si allargano verso il basso (ndr: esatto!!! proprio quel modello di pantaloni che ora sono tornati di moda, quando si dice “corsi e ricorsi storici”! Se non ci credete, leggete qui cosa scrive chi se ne intende di più di noi di moda).
Ma torniamo a noi!
Dicevamo, il 1975.
Era un’altra Italia, ma proprio in quel mese, il 19 maggio 1975, avvenne qualcosa di molto importante e destinato a cambiare profondamente la nostra società.
Facciamo un po’ di storia.
Il 19 maggio 1975 è stata introdotta in Italia la legge n. 151, non una legge qualunque, ma intitolata “Riforma del diritto di famiglia” (che sarebbe poi entrata in vigore di lì a qualche mese, il 20 settembre 1975), che prevedeva cambiamenti significativi nelle relazioni familiari.
I punti principali della riforma del diritto di famiglia
La Riforma del diritto di famiglia aveva l’obiettivo fondamentale di modernizzare il codice civile e promuovere l’uguaglianza tra coniugi e figli. Ecco i principali punti della riforma:
- Parità tra i coniugi: La Riforma ha stabilito l’uguaglianza giuridica tra marito e moglie e abolito la figura del “capofamiglia” (che ovviamente il marito). Entrambi i coniugi acquisirono uguali diritti e doveri nella gestione della famiglia e nella cura dei figli. (Prima della Riforma, l’art. 144 del codice civile recitava “la moglie segue la condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede opportuno di fissare la sua residenza”).
- Regime patrimoniale della comunione dei beni: prima della Riforma era stata in vigore la separazione dei beni tra marito e moglie, mentre la nuova legge ha introdotto la comunione dei beni (a meno che i coniugi non optassero per la separazione dei beni): questo significava che tutti i beni acquistati durante il matrimonio sarebbero stati di proprietà comune.
- Uguaglianza tra figli legittimi e naturali: I figli naturali, ossia nati fuori dal matrimonio, ottennero gli stessi diritti dei figli legittimi, nati all’interno del matrimonio, compreso il diritto di eredità. Inoltre, mentre prima della nuova legge un genitore sposato non poteva riconoscere i figli nati da un rapporto adulterino, ora il riconoscimento era possibile.
- Affidamento dei figli: La riforma ha introdotto un sistema di “potestà genitoriale” condivisa, assegnando a entrambi i genitori la responsabilità dell’educazione e della cura dei figli, superando il concetto di “potestà paterna”.
- Diritto al mantenimento: La legge ha stabilito l’obbligo di entrambi i coniugi di contribuire al mantenimento della famiglia in proporzione alle rispettive capacità economiche, introducendo anche il concetto di mantenimento per il coniuge economicamente più debole in caso di separazione.
Nella direzione intrapresa dalla legge 151/’75 si collocano anche altri successivi provvedimenti, volti a scardinare una profonda mentalità patriarcale e una cultura fortemente radicata nella difesa dell’onore maschile.
Tra questi, la legge n. 442 del 5 settembre 1981 che ha di fatto abolito i cosiddetti “delitti d’onore”. Prima dell’abolizione, l’articolo 587 del Codice Penale italiano del 1930 (Codice Rocco) prevedeva pene ridotte per chiunque avesse ucciso la moglie, la figlia o la sorella “nell’atto in cui ne scopriva la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia”.
Questo articolo è stato scritto da una persona, non da una macchina!
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